La dixième chambre di Raymond Depardon


Francia, 2004

105 minuti

Trama

Oggetto del film sono spezzoni di 12 udienze tenutesi nella primavera del 2003 presso la 10° Camera Correzionale del Tribunale di Parigi competente per reati minori. I casi trattati concernono  reati  di circolazione stradale, molestie telefoniche,soggiorno illegale,scippi,infrazione a leggi sulle armi,stupefacenti,minacce e ingiurie .

 

Commento

Spesso l’opera cinematografica enfatizza le emozioni per offrirci momenti di evasione dalla frenetica routine quotidiana.
L’opera di Depardon è invece un piccolo gioiello che senza sfruttare esasperazioni emotive, ma solo documentando umani atteggiamenti in un’aula giudiziaria, conduce a profonde riflessioni.

L’abilità del regista consiste nel riuscire a trasformare un documentario sullo svolgimento di una giornata processuale in un film che fonde in un’anima comune le storie di tutte le persone interpreti della loro vera vita. (“il vero documentario è in fondo vicino al teatro”)
La scelta di procedere ad inquadrature di primi piani con due camere fisse, focalizza l’attenzione dello spettatore sul linguaggio gestuale, la mimica e le parole, senza distrarlo con scene dinamiche. L’assenza di azione permette allo spettatore di effettuare un percorso introspettivo e riflessivo non tanto sui singoli fatti raccontati, quanto piuttosto sul ruolo della giustizia nell’odierna società.
Tale riflessione viene provocata dal confronto tra la rigida austerità dell’ambiente, ovvero l’aula processuale con i giudici, carico di simboli (la disposizione, le toghe, la raffigurazione della giustizia, la ritualità formale) e l’accusato, spoglio di qualsiasi paramento e ritualità.

La scenografia di sottofondo si dissolve sin da subito nel susseguirsi dei primi piani che scrutano i protagonisti e le loro reciproche reazioni.
Prendono così il sopravvento le caratteristiche dei singoli, quasi che fossero caricature da commedia dell’arte. Nonostante la sua costante presenza, il Giudice, figura incarnante la giustizia, perde sempre più tale immagine, man mano che la sua mimica interagisce con quella dei presenti.
Nel costante confronto tra la presidente e gli accusati  scompaiono i procuratori e gli avvocati che diventano solo caricature del ruolo, partecipi al rito, ma estranei a quanto sta succedendo.

Filo condutture del film diventa sempre più la reciproca incapacità di comunicare fra giustizia e cittadino. La disponibilità all’ascolto e alla comprensione da parte del Giudice è palesemente solo formale, contraddetta dapprima solo dalle espressioni, e, nella penultima scena, anche dalle parole. Ciononostante dietro la rigidità formale della funzione si può scorgere a tratti la persona,con le sue emozioni umane.
Manifesta invece é la soggezione  degli accusati, impossibilitati a capire e a recepire realmente un messaggio educativo di prevenzione, in un’assenza di dialogo sostanziale che si traduce in un’assurda rappresentazione rituale.

La scelta di mettere in scena reati cosiddetti minori, verso i quali lo spettatore ha comunque meno repulsione ed è quindi disponibile ad una maggior comprensione, se non in qualche caso addirittura immedesimazione, acuisce la percezione della distanza. Attraverso la mancanza di comunicazione fra giudice e accusato si arriva a cogliere la percezione dello scollamento fra cittadino e istituzione.

La presenza di casistiche comunque differenziate, di persone di etnia e vissuti palesemente diversi evidenzia la difficoltà di una Giustizia interpretata da uomini, specialmente nella trattazione superficialmente uguale di ogni singolo caso, sotto la necessità di dover passare subito à“l’affaire suivante”.

Il regista non ha avuto bisogno dei formalismi procedurali “per soli addetti ai lavori” per illustrare l’incomprensione e porci domande sulla giustizia, ma anche sull’odierna società con i suoi problemi. La sedia vuota girata verso un inquadratura a metà della Giustizia e che dà le spalle all’accusato può esser infatti il simbolo di una riflessione critica.

I comportamenti  dei personaggi, l’espressione dei loro occhi e la loro mimica facciale ci permette di cogliere la differenza dei sentimenti veri, illuminandoci  sulla comune condizione umana in un messaggio di bisogno e di comprensione reciproca.