Tatanka di Giuseppe Gagliardi

 

Italia, 2011

100 minuti

Tratto da La bellezza e l’inferno di Roberto Saviano

Michele ha pochi anni e un grande sogno, partecipare alle Olimpiadi di boxe. Tra lui e il traguardo c’è Marcianise, un comune di Caserta dove i ragazzi vengono reclutati dalla Camorra e ‘tarpati’ dalla Polizia, dove perdura la legge del più forte e un uomo deve sempre dimostrare di “avere le palle”. Per non dispiacere un amico e per difendere il suo onore, Michele partecipa al saccheggio di un deposito alimentare e finisce otto anni in prigione, dove continua ostinato ad allenarsi. Una volta fuori vuole ricominciare da dove ha lasciato ma l’ombra lunga della malavita lo lambisce e annebbia di nuovo le sue aspirazioni. ‘Assoldato’ dal camorrista rampante di turno combatterà nei ring dei centri commerciali e in incontri truccati, rimpinguando le casse del balordo. Umiliato e sfruttato, Michele decide di abbattere il sistema a suon di pugni, ritrovando l’orgoglio e il desiderio di riscatto. In fondo al tunnel e dentro una canzone d’amore neomelodica la luce avanza e accende un istante di gloria.
Ha poche parole da spendere Michele e un corpo irriducibile con cui esprimersi, riparare alle colpe e sollevarsi sul nulla urbano e malato che lo ha generato. Adattando “Tatanka Scatenato” di Roberto Saviano e drammatizzando la vita di Clemente Russo, pugile italiano che ha schivato l’adescamento della Camorra e ha attinto alla sua rabbia incolmabile diventando campione del mondo dilettanti, Giuseppe Gagliardi realizza la parabola di un ragazzo di Marcianise sopravvissuto a un inferno di cui ha fatto esperienza.
Come fu per Gomorra anche in Tatanka il narratore inquirente scompare dietro ai volti dei suoi adolescenti, il regista cosentino decide per uno sguardo che si cala a fondo nei luoghi della criminalità organizzata, condizionandone le dinamiche sociali e il sogno sempre rimandato del protagonista. Tatanka è altresì una riflessione sull’occasione della vita, quella che Michele ha preso al volo e che altri ragazzini hanno gettato via dietro all’illusione di diventare Tony Montana. Prossimi idealmente e geograficamente ai ragazzini armati di Matteo Garrone, che imitavano le gesta di Scarface e credevano di vivere dentro un film, i giovani personaggi di Gagliardi soccombono alle logiche spietate di adulti degenerati che abbattono per denaro uomini e bufale. Senza avere il linguaggio radicale e potente di Gomorra, Tatanka dimostra in ogni modo di aver assimilato (e compreso) la lezione di metodo di Garrone, confermando due dei suoi sceneggiatori (Massimo Gaudioso e Maurizio Braucci), muovendosi nello stesso paesaggio disperato e pedinando l’oscurità senza l’ansia di spiegarne i meccanismi. Al centro del quadro e del quadrato c’è Clemente Russo che si guarda sullo schermo come in uno specchio, una superficie che gli rimanda l’immagine di sé, quella sempre inseguita sul ring e fuggita a una sparatoria. La sua biografia ha più di un’assonanza con la retorica del boxe-film che pratica assiduamente la giovane promessa ‘formata’ da un maestro saggio che rischia di vederselo strappare da boss malavitosi e rapaci. Dopo Primo Carnera, gigante friulano e colosso d’argilla che approdò al cinema in parti da forzuto, il campione di Marcianise viene coinvolto nella parte di se stesso, ‘bufalo scatenato’ mirabilmente naturale sul ring e sullo schermo. Tatanka, ricalcando le regole narrative del genere, ribadisce il pugilato come occasione di indagine sociologica infilando i guantoni e colpendo duro il mondo che si appresta a raccontare. Dentro quel mondo Clemente e Michele hanno il ‘peso’ della speranza e la bellezza della lotta (vinta).
(Marzia Gandolfi, su www.mymovies.it)
[…] almeno a nostra memoria, è la prima volta che una storia tanto classica diventa davvero “nostra”. Grazie soprattutto all’ambientazione nei veri luoghi di Marcianise, nelle palestre sgarrupate che diventano scuole di legalità per dei ragazzi che dedicano tutto il loro tempo a imparare, che rispettano i loro avversari e il loro maestro, con un onore e una dignità che non cedono al ricatto della miseria o alle facili sirene della criminalità.
[…] L’inizio è folgorante, con la fuga dei due amici tra vicoli e stradine di un paese che sembra abbandonato, la palestra con l’allenatore che depista il poliziotto per poi cacciarli subito dopo, i giovani volti di Michele e Rosario e i dialoghi in dialetto con le ragazze sullo scoglio: questa è un’Italia che si vede ancora troppo poco al cinema, nascosta come la polvere sotto il tappeto.
Una scelta coraggiosa è stata quella di mantenere la scena con la tortura di un giovane guappo in questura, che non è piaciuta alla polizia e per poco non è costata a Russo la sospensione definitiva – e la carriera, in un curioso parallelo con la fiction sullo schermo – da parte delle Fiamme Gialle. A differenza di quello che si potrebbe pensare non è una sequenza gratuita: serve a contestualizzare la storia dei due ragazzi, e a farci capire che c’è una guerra in corso, dove i buoni possono facilmente passare dalla parte dei cattivi.
[…] Detti i pregi, i difetti del film stanno probabilmente nelle difficoltà di una sceneggiatura scritta in cinque e più volte rimaneggiata, che nella seconda parte, forse troppo sfrondata, non riesce a mantenere la coesione narrativa della prima. Quando Tatanka fugge in Germania, dove si stabilisce dirigendo il ristorante di una ricca amante, la storia si sfilaccia,  diventa meno urgente e sentita e i personaggi (compreso il pur bravo Rade Serbedja, doppio slavo di Sabatino) sono poco approfonditi, anche se questo distacco in un certo senso serve a sottolineare l’isolamento di Michele in terra straniera.
Non che manchino anche in questa parte scene d’effetto, come gli incontri clandestini e – soprattutto – lo Stammring, ma sembra quasi una parentesi frettolosa, prima che il film riprenda vita, al ritorno di Michele in Italia. Altri passaggi sono un po’ bruschi, senza un cartello esplicativo: ad esempio il cambiamento, dopo 8 anni, degli attori protagonisti e della ragazza, mentre gli anziani non invecchiano più di tanto. Anche se è una scelta logica e obbligata (e almeno nel caso di Michele e Rosario la somiglianza è buona), all’inizio si resta un po’ perplessi. Ma il finale è ben risolto e riporta la storia all’interno dei tòpoi del genere di cui parlavamo all’inizio, senza scontati trionfalismi ma chiudendo il cerchio, sulla luce di un futuro che possiamo solo immaginare.

Tatanka è un film da cui traspare un gran lavoro di squadra, e che ci fa piacere amare, nonostante  i suoi difetti. Anche un volto col naso rotto dai pugni appare bello, se illuminato da uno sguardo in cui brilla la volontà di spiccare il volo.
(Daniela Catelli, su www.comingsoon.it)