La donna elettrica di Benedikt Erlingsson

Francia, Islanda, Ucraina 2018.
101 minuti.

Halla è una donna single di circa cinquant’anni che dirige un piccolo coro nella verde ed educata Islanda. La sua esistenza quotidiana e insospettabile nasconde un segreto: Halla è infatti anche l’ecoterrorista a cui il governo e la stampa danno la caccia da mesi, per i ripetuti sabotaggi che ha compiuto contro le multinazionali siderurgiche che stanno attentando alla sua splendida terra. Halla, insomma, non resta in casa a farsi bombardare dalle notizie e dalle immagini catastrofiche che arrivano dalla televisione, esce, agisce e punta in alto, a salvare il mondo. Punta
letteralmente in alto, scagliando le sue frecce contro l’industria nazionale per cercare di fare breccia nelle coscienze di politici e conterranei. È una supereroina, e il suo super problema è una bambina ucraina, di nome Nika, di cui ancora non sa niente, se non che potrebbe cambiarle la vita, e che la sua sola esistenza comporta una grande responsabilità. Benedikt Erlingsson voleva fare un ‘feel good movie’ su una minaccia planetaria e c’è riuscito, azzeccando un tono altro, né action né classica commedia, com’è altro il paesaggio geografico e sociale islandese rispetto al resto del globo. Un registro fatto di paradossi, il più visivo dei quali è la corsa della protagonista per
nascondersi dal drone nel nulla degli sterminati spazi aperti dell’isola, come dentro una novella esistenzialista o un film di Hitchcock, o ancora il travestimento con la pelle di pecora, che riporta ad una dimensione mitica, di animalità come forza e di antica, vichinga collaborazione tra uomo e natura, oggi costantemente negata. Erlingsson scrive e dirige una storia tutta al femminile, nella quale il fisico e l’intensità espressiva di Hallora Geirharðsdóttir sono protagoniste assolute, addirittura raddoppiate dall’espediente narrativo della gemella di Halla, interpretata dalla stessa attrice. Ma la questione femminile è anche interna al racconto, nel richiamo della maternità, nelle
metafore del ventre della terra, nel patto che lega le due sorelle e anche nella solitudine dell’impegno della protagonista, che però arriva allo spettatore in forma divertente e sentimentale, tra cellulari nascosti nel freezer, cugini di campagna, automobili dai colori improbabili e accanimento delle istituzioni e del destino contro un povero turista sudamericano. Piccola anti commedia della contemporaneità, imparagonabile alle punte cinematografiche di un Kaurismaki o di un Roy Andersson (per restare a Nord), ‘La donna elettrica’ è in ogni caso una visione salutare e
gradevolissima, che, sotto la confezione leggera, fa la sua dichiarazione al mondo attraverso il megafono del cinema, con modi garbati ed evitando di prendersi troppo sul serio, lasciando quel genere di serietà, drammatica e alla fine inutile, al vociare indistinto della televisione. In questa operazione, di sdrammatizzazione da un lato ed eleganza del tocco, dall’altro, ha un ruolo fondamentale il disegno sonoro del film, sofisticato ed elettrizzante, con la messa in scena ritmica ed umoristica del trio di musicisti.

Tratta dal sito www.mymovies.it. (*).